Il Progetto SETI@home nasce in seno al Progetto S.E.T.I. , ed è attualmente gestito dalla Berkeley University. L’idea è nata nel 1996 da David Gedye e Craig Kasnoff. Nel 1997 si svilupparono i prototipi dei client e i sofware per i server. Nel 1998 si iniziava a reperire i fondi necessari, nel settembre 1998 si iniziava il sistema di registrazione dei segnali e si davano gli ultimi ritocchi al client, a novembre 1998 si registravano i segnali e si provava il software. Nel 1999 da gennaio a marzo si provava e si correggeva il client software e si preparava il lancio in rete internet. L’inizio è datato 13 maggio 1999.
Il tutto nasce dall’esigenza di dover analizzare la grande quantità di dati provenienti dai vari radiotelescopi. Si pensi che ogni giorno dal solo radiotelescopio di Arecibo (Puerto Rico) vengono registrati 35 Gb di dati. E’ dunque difficile immaginare quale potenza di calcolo si ha bisogno per elaborare tutti i nastri. Per far fronte a questa necessità bisognerebbe costruire una sorta di supercomputer che il progetto non può permettersi, né di comperare né di costruire. Come risolvere il problema ? All’Università di Berkeley hanno pensato che il lavoro impossibile per uno, può divenire possibile per molti.
Nel mondo esistono milioni di computer che spesso rimangono accesi mentre nessuno ci lavora, internet permette di metterli tutti in comunicazione. Da qui nasce il SETI@home, che suona più o meno come SETI a Casa. La Berkeley ha infatti pensato di sfruttare l’inattività dei computer a proprio vantaggio, ideando un salvaschermo del tutto particolare. Non tostapani volanti o personaggi della Walt Disney che imperversano nello schermo, ma una variopinta schermata che indica che anche in quel momento il nostro computer è di grande utilità per la scienza.
Il programma di analisi cerca segnali 10 volte più deboli di quelli finora osservati perché usa un algoritmo chiamato “integrazione coerente” che nessun altro esperimento (incluso SERENDIP) ha mai potuto usare per la mancanza della necessaria potenza di calcolo. Si cercano dei segnali forti con una piccola larghezza di banda. E’ come sintonizzare la radio su diversi canali, se troviamo un segnale forte questo attira la nostra attenzione. Più tecnicamente parlando si tratta di una complessa elaborazione digitale, fatta principalmente di trasformate di Fourier a diverse velocità di modulazione di frequenza e durata.
Si cercano inoltre dei segnali impulsati e variabili che seguano, nel loro andamento, la forma del lobo di ricezione dell’antenna man mano che il radio telescopio sposta il suo punto di osservazione nel cielo. I dati verranno raccolti in una grande banca dati usando i nostri calcolatori. Poi verranno filtrate le interferenze e saranno applicati numerosi algoritmi per il riconoscimento di forme in modo da isolare i segnali più interessanti.
[…] Finalmente anche Martin Mystère si occupa, se pur marginalmente, del Progetto SETI@home. […]