Jeeg Robot d’acciaio

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Un paio di giorni fa è stato un cinguettio da Twitter a ricordarmi come stia un po’ trascurando la sezione dedicata ai cartoni animati della mia gioventù. Il tweet in questione conteneva la seguente immagine:

A quanto pare dopo Gundam, stanno costruendo anche un Jeeg Robot d’acciaio a grandezza naturale. Quale migliore occasione, dunque, di parlare di questo ennesimo robottone.

Nato nel 1975 da un soggetto del solito Go Nagai (Mazinga Z, Grande Mazinga, Getter Robot, Goldrake ecc..) e realizzato dalla Toei Animation.

Protagonista della storia è Hiroshi Shiba campione automobilistico giapponese che dopo un tremendo incidente durante una gara scopre di essere dotato di poteri particolari. Infatti il padre di Hiroschi, 25 anni prima, aveva scoperto un antica campana proveniente da una antica civiltà con una tecnologia più evoluta di quella umana. Le incisioni sulla campana profetizzavano il ritorno della civiltà e quindi un imminente pericolo per la terra.

Quando da bambino Hiroschi si trova sul punto di morire, il padre, trova il modo di miniaturizzare la campana e impiantarla nel petto del figlio per poter sfruttare i poteri elettromagnetici della campana e così guarire.

Prima di morire il professor Shiba fa trasferire la sua coscienza in una specie di computer per poter continuare a comunicare con il figlio e dargli istruzioni. Lascia a Hiroschi un paio di guanti e una catenina con una testa di robot per ciondolo.

Come previsto la civiltà Yamatai si risveglia e capeggiata dalla regina Himica vuole riconquistare il proprio posto sulla terra. Hiroschi scopre di potersi trasformare, tramite i guanti e il potere della campana, nella testa di un robot che viene completato dai componenti lanciati dalla navicella di Miwa, ex assistente del professor Shiba.

Aiutato dagli scienziati della Base Antiatomica, Hiroschi, trasformandosi in Jeeg Robot, inizia una lotta ferrata contro la civiltà Yamatai, che naturalmente gli manda contro una nemico alla volta puntata dopo puntata.

La guerra non ha limiti ma l’impero Yamatai, dopo le varie sconfitte, va sempre più indebolendosi. Solo un attacco in massa può portare alla vittoria. Jeeg si difende strenuamente ma con difficoltà al punto di rischiare la disfatta. Il computer della base, il professor Shiba virtuale, si schianta contro l’astronave nemica uccidendone gli occupanti (compreso Ikima) e salva Jeeg da una grave sconfitta. Desideroso di vendicare il padre, Hiroshi riprende fiducia in sé, trovandosi faccia a faccia con il Signore del Drago. Una dura battaglia lo porta a vincere contro il suo acerrimo nemico.

La guerra è finita e Hiroshi è maturato e ha acquistato una grande sicurezza di sé, sarà sempre disposto a difendere la sua famiglia e il suo popolo, in nome della pace.

Le basi culturali riscontrabili nella serie, rimandano ovviamente alla storia e tradizione giapponese. Il potentato Yamatai fu una antica forma statale, un’organizzazione feudale sulla quale abbiamo pochissime informazioni pervenuteci dalla storiografia cinese. È un tuffo in un passato localizzato essenzialmente nelle isole nipponiche, così come le vicende sembrano essere rivolte ad un pubblico fortemente connotato nella provenienza e nell’estrazione culturale. Gli stessi nomi dei “ministri” della regina Himika (identificata con una Himiko, o Pimiko vissuta intorno probabilmente tra il secondo ed il terzo secolo d.C), vengono mutuati dai nomi di antiche province giapponesi. La stessa “campana di bronzo”, è un riferimento ai manufatti del periodo Yajoi, in cui le dotaku erano campane rituali, utilizzate con finalità religiose. Tuttavia, simili aspetti, non sono immediatamente riconoscibili dagli spettatori non giapponesi.

Cosa che mi ha fatto particolarmente sorridere della serie, è il fatto che Hiroschi si lancia con la moto da una rupe per compiere la trasformazione. La moto ovviamente cade e ho sempre immaginato la non troppo considerata squadra di recupero della moto che sprezzante del pericolo durante la battagli si adopera anche per le dovute riparazioni.

In Italia la serie è stata particolarizzata dalla sigla con il giro di basso più bello di sempre e per molti anni, ha circolato una leggenda metropolitana, secondo la quale l’interprete della sigla sarebbe stato un, ai tempi sconosciuto, Piero Pelù (in realtà era di  Roberto Fogù, in arte Fogus). L’artista ha più volte smentito questa dicerìa, facendo notare che, all’epoca, aveva meno di 18 anni. A causa di questo tormentone, nel 2008, in occasione della registrazione dell’album Fenomeni, ha inciso una nuova versione della famosa sigla, che non è stata inclusa nell’album ma è disponibile in vendita sul web. Pelù a proposito dello scomparso Fogù ha dichiarato:

« Voglio girare un film su di lui, con quel suo timbro dannatamente soul e una vita tutta da raccontare… »

A quanto pare la serie fu commissionata principalmente a scopo di ampliare le vendite di pupazzi che erano costituiti da un corpo con gli arti e la testa staccabili e tenuti uniti da calamite che in Italia erano commercializzati dalla GIG. Effettivamente guardando la foto sottostante si può notare come, testa a parte, il corpo sia identico a quello di Jeeg.

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