Arrivano i Superboys

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Questa settimana scavando nella memoria (probabilmente complice la non esaltante prestazione della Juventus di ieri sera), credo di aver ripescato il primo cartone animato sul mondo del calcio dove.

Prima di Holly e Benji il Giappone si affaccia sullo sconosciuto mondo del calcio con Shingo Tamai ragazzo delle campagne della periferia di Tokyo che decide di entrare a far parte della squadra delll’istituto Shinsei Senior High Scool a causa della rivalità con l’insegnante di ginnastica Tempei Matsuki.

Shingo troppo individualista non viene scelto per la squadra ufficiale e così decide di crearne un’altra dove possa esserne il leader incontrastato. Dopo una prima vittoria a sorpresa contro la prima squadra del liceo Shingo perderà tutte le altre e così stanco delle continue sconfitte si riunirà alla squadra ufficiale diventando amico del suo ex rivale.

La serie si conclude con la mitica partita contro il Brasile in cui sarà la squadra giapponese ad avere la meglio.

Shingo ha un carattere tutt’altro che accomodante: irascibile, altezzoso, anarchico, insofferente. Se poi si aggiunge che di studiare proprio non ha alcuna voglia, ne esce un modello poco raccomandabile per chi avesse voluto prenderlo a modello per diventare “qualcuno”.

Ma quando decide di diventare qualcuno nel mondo del calcio tira fuori il temperamento giusto: infaticabile, determinato, portentoso, cocciuto. Una formula esplosiva per chi, come lui, avesse anche solo lontanamente pensato di farsi strada tra i leoni che circolano nell’ambiente calcistico. Il ragazzo è così determinato che non è spaventato nemmeno dagli infortuni: una caviglia spezzettata dalla pantera brasiliana Ken Santos.

Il gioco del calcio viene trattato come una specie di arte marziale. Niente fraseggi o passaggi vellutati, ogni colpo viene sferrato dopo una giravolta acrobatica, salto mortale o piroetta. Vince chi tira più forte. Così vediamo inventare dei colpi assurdi che sfidano ogni regola della fisica (mi ricordo una specie di colpo del tornado o simile dove Shingo girava su se stesso e gli crossavano la palla nel tornado che creava!!!).

Era il lontano 1982 quando vedevo la squadra di Shingo giocare ogni partita come se la vittoria fosse motivo di vita o di morte, allenamenti massacranti (rafforzavano le caviglie facendoci passare sopra delle automobili) una serie ormai persa nel mito della TV soppiantata dall’apparentemente più moderna Holly e Benji.

Shingo, attraverso il suo percorso di maturazione personale, ci insegnava che con la forza di volontà e gioco di squadra si poteva battere anche il Brasile.

Io voglio Shingo alla Juve!

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